Gesù al disopra di tutto
(Lc 14,25-33)
Una folla numerosa è in cammino con Gesù. Ma lui ha una reazione sorprendente: invece di esserne contento, sembra quasi infastidito e si rivolge a tutti coloro che lo seguono con entusiasmo, non per lodarli e incoraggiarli, ma per ricordare a tutti il prezzo altissimo richiesto per diventare cristiani: se vuoi essere discepolo di Gesù non devi anteporre niente e nessuno alla sua Persona. Lo devi prendere sul serio e metterlo al primo posto. Non puoi cominciare a seguirlo spinto dall’entusiasmo e poi accampare scuse quando si comincia a parlare di impegni e di rinunce (vedi la parabola appena più sopra raccontata da Gesù riguardo agli invitati che, quando si tratta di entrare veramente nella gioia dello Sposo, anziché affrettarsi, declinano il regale invito tirando in ballo banali scuse, anziché dire chiaramente che di quel gran Signore non gliene importava niente! Lc 14,15-24). Non basta “ricevere la Parola con gioia… credere per un certo tempo, ma nella prova venir meno” oppure “lasciarsi soffocare da preoccupazioni, ricchezze e piaceri” (Lc 8,11-15). Con molta chiarezza, Gesù espone le sue esigenze radicali a quanti vogliono essere suoi discepoli: “Se uno viene a me e non odia (proprio così è scritto nel testo greco: il verbo contrario di amare è odiare!) suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle, la propria vita, non può essere mio discepolo”. Non è onesto cercare di attenuare queste parole, stiracchiandole e annacquandole. Insomma: per quanto si allarghi la cruna dell’ago sarà sempre impossibile farci entrare un cammello, anche se molto smagrito! Gesù ci vuole far toccare con mano la nostra totale e radicale incapacità di seguirlo. Ci vuol fare sentire tutti inetti, inadeguati alla grandezza della posta in gioco. Lui al di sopra di tutto e di tutti. Anche dei nostri familiari. I più amati. Tutti, ma proprio tutti, sono sue creature, sono suoi doni e non possono prendere il posto del Donatore, del Creatore. Proprio con queste terribili parole Gesù ci vuole far capire che Lui è tutto. È Dio. Infatti, nell’AT è solo Dio che dev’essere amato con tutte le forze, con tutta l’anima e con tutta la mente. Non vi è altri al di sopra di Lui, non vi è altro Dio all’infuori di Lui. Detto questo possiamo approfondire il significato di questo verbo terribile “odiare”. Non si tratta di odio nel senso psicologico del termine, ma di cosciente rifiuto, distacco, rinuncia. Chi si mette al seguito di Gesù non dev’essere legato ad altri o ad altra cosa, ma esclusivamente a Lui. È un’esigenza di amore che comporta anche la separazione da ciò che si ha di più caro, fino alla propria vita. Questa rinuncia non può essere intesa in senso fanatico, ma cristocentrico: tutta la mia vita gira intorno a Gesù. Io appartengo a Lui. Non a me stesso, né ai miei familiari, né alle mie ricchezze o ad altro. Solo Lui è il mio Signore. “Quanto a me, non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo” (Gal 6,14). “Sono stato crocifisso con Cristo, e non più io, ma Cristo vive in me” (Gal 2,19-20). È questa la povertà, il vuoto, la debolezza che mi rende discepolo di Cristo. Questa è la croce che mi rende simile a Lui e mi fa camminare al suo fianco. Se ho il coraggio di convogliare tutte le mie energie, anche affettive, verso Gesù, poi potrò amare tutti, a partire dai miei famigliari, con la stessa libertà con cui Gesù ha amato sua madre e i suoi parenti. Lui per primo ha messo il progetto del Padre prima e al di sopra di ogni legame carnale terreno (Lc 2,49). Amando Gesù-Dio con tutto me stesso, la mia povera capacità di amare sarà purificata dal tarlo dell’egoismo che inficia tutti i miei rapporti con gli altri.
Gesù parla poi del nostro rapporto con le cose materiali: se vogliamo essere suoi discepoli, dobbiamo rinunciare a tutti i nostri averi (v.33). Questo è il prezzo da pagare: dare tutto. Altrimenti non saremo capaci di portare avanti il nostro impegno di cristiani fino in fondo (costruire la torre dalle fondamenta, ben piantate in terra, fino al compimento nel cielo). Se non sappiamo consegnare tutto nelle mani di Dio, non potremo vincere la guerra contro il male che ci minaccia continuamente. Per vincere le battaglie della vita, ecco il segreto: usare le armi della fede (Ef 6, 10-17) non confidare nelle sicurezze materiali (mammona: Lc 16,13).