La venuta del Figlio dell’Uomo
(Mt 24,37-44)
37Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. 38Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, 39e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. 40Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. 41Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. 42Vegliate, dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. 44Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.
Fin dagli inizi i cristiani si caratterizzarono, fra l’altro, per una specifica attesa di una seconda e ultima venuta di Gesù. Questa, però, non era preceduta da un suo periodo di assenza; infatti, lo stesso vangelo di Mt si conclude con l’affermazione solenne di Gesù: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Il termine greco tradotto con “venuta” è “parusia”,letteralmente “presenza”, in latino “adventus”. Indicava anticamente l’arrivo di un personaggio importante in una città. Nell’Antico Testamento si applica alla visita del Signore: “Visitaci, Signore, con la tua salvezza” (Sal 106,4); “Vi visiterò e realizzerò la mia promessa” (Ger 29,10). Negli scritti neotestamentari si parla di parusia di Gesù solo in riferimento alla sua venuta finale, mai riguardo alla sua presenza storica nella carne, né alla sua presenza mistica nel cuore del credente. Il cristiano attende con ansia e con gioia questo incontro decisivo e quello che deve fare è “andargli incontro” (1Tess 4,17)Tessrgli incontro”e con ansia e con gioia questo incontro decisivo ed è chiamato ad “nlla carne, nè lude con l’. Il futuro del cristiano è qualcosa, anzi Qualcuno, che gli viene incontro. Gesù è Dio che viene, pur essendo sempre presente; in modo dinamico ci attrae, ci attira e ci sostiene: “Colui che era, che è e che viene” (Ap 1,4-8; 4,8).
Ma come dobbiamo andare incontro al Signore che viene? Qual è il modo giusto per attenderlo? Il vangelo di oggi ci indica una figura, un modello: Noè. Il suo nome significa “consolazione”, consolò il cuore di Dio, quando questi era amareggiato vedendo il dilagare dell’iniquità e della violenza sulla terra: “Noè trovò grazia agli occhi del Signore… Noè era un uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e camminava con Dio” (Gen 6,5-8). Essere giusto ed integro in mezzo ai contemporanei, camminare con Dio: ecco le caratteristiche di chi attende la venuta del suo Signore. Essere giusto per la Bibbia non significa distribuire con equità qualcosa agli uomini, ma dare a Dio ciò che è adeguato a Lui, ciò che gli appartiene di diritto. Gesù dirà: “Date a Dio ciò che è di Dio”. Cioè tutto. Se noi mettiamo Dio al di sopra di tutto, primo nella nostra gerarchia di valori, tutto il resto si mette al suo posto, in ordine. Di conseguenza Noè è “integro in mezzo ai suoi contemporanei”: se diamo a Dio ciò che gli appartiene, saremo giusti anche nei confronti dei nostri fratelli. Essere integri significa non scendere a compromessi, manifestarsi come cristiani con tutti in ogni circostanza. Non è semplice, non è facile. Ma certamente non sarà per noi più difficile che per Noè, che si è trovato completamente solo in mezzo a uomini malvagi che non sapevano concepire nel loro cuore altro che male (Gen 6,5)! In mezzo ai suoi contemporanei, egli “camminava con il suo Dio”. Ecco il segreto della rettitudine di Noè: non era solo, lui si muoveva sempre insieme con il suo Dio. Questa è l’Alleanza. Se noi siamo con Dio, Lui è con noi sempre. Mentre tutti facevano baldoria, Dio manifestava al suo amico Noè i suoi pensieri e gli faceva costruire l’arca per salvare la sua famiglia. L’alleanza che Noè viveva con Dio si è riversata come benedizione di vita su tutta la sua famiglia e anche sulle creature inconsapevoli (animali) che lo circondavano. Noè, avendo preso sul serio quello che Dio gli aveva confidato, lavorava per salvare la sua famiglia, mentre tutti gli altri si ubriacavano e gozzovigliavano. L’arrivo del diluvio è stata una sorpresa spiacevole, anzi spaventosa e tragica, per chi non lo attendeva. Ma Noè, che camminava con Dio e prendeva sul serio la sua Parola, è entrato nell’arca della salvezza con tutta la sua famiglia. Così sarà la venuta del Figlio dell’uomo, dice Gesù: sarà come un diluvio che travolgerà tutto, ma non la casa di colui che l’ha costruita saldamente sulla Roccia (Mt 7,24-27).
“Vegliate!”: significa tenere gli occhi ben aperti e non abbandonarsi al sonno. I contemporanei di Noè erano colpevoli di essere ‘addormentati’, cioè inconsapevoli di quello che stava per succedere. È da questa inconsapevolezza che dobbiamo guardarci, da una sempre incombente superficialità spirituale. Tenere il nostro sguardo fisso su Gesù, questo significa ‘vegliare’. Se vogliamo camminare con Lui, non dobbiamo perderlo di vista. Ogni tanto è necessario dare una controllatina per vedere a che punto siamo nel rapporto con Lui. Gesù ha l’abitudine di procedere celermente e in salita. Cerchiamo di mantenere il passo e di seguirne le orme. Allora l’irruzione inattesa del giorno del Signore sarà per noi come l’improvvisata del nostro più caro amico, della persona più amata che, senza telefonarci prima, si presenta sulla soglia di casa e citofona: “Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò a lui, cenerò da lui ed egli con me” (Ap 3,20).
