«Le mie pecore, quelle mie, seguono me!»
(Gv 10,27-30)
Questadomenica è dedicata a Cristo Pastore e il brano che ci presenta oggi la liturgia parla dell’Alleanza che il Pastore Grande delle pecore (Eb 13,20) ha stretto con il gregge che gli appartiene. È un Patto bilaterale, come il matrimonio. «Le pecore, quelle mie, ascoltano la mia voce; io le conosco ed esse seguono me»: le forme verbali sono tutte al presente: non possiamo dubitare che questa Parola sia per noi oggi. «Le pecore, quelle mie», dice Gesù, perché ci sono tante pecore che non sono le sue. Gesù si riferisce alle sue. Essere chiamati ‘pecore’ non è un complimento per la nostra mentalità moderna. Spontaneamente non facciamo distinzione tra pecore e pecoroni e rifuggiamo dall’idea della massificazione dove la persona perde la propria unicità. Ma Gesù ci presenta una situazione che supera sia l’individualismo sia il conformismo gregario: ci fa essere con gli altri, senza perdere la nostra singolarità. Infatti, all’inizio del capitolo 10, egli aveva precisato che il suo amore ci rende unici: «Egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori» (v.3). Se noi siamo pecore di Gesù, che appartengono a Lui, non lo siamo nel senso inteso dal mondo. Siamo persone con un particolare rapporto che ci lega a Lui e in virtù di questo rapporto facciamo parte della sua famiglia e ci distinguiamo dalla massa di pecoroni che seguono, più o meno coscientemente, gli pseudo-pastori di turno, secondo la moda del momento. Vediamo le caratteristiche delle pecore di Gesù. Prima di tutto esse «Ascoltano la mia voce». Anche qui la sottolineatura del testo è importante: è la Sua voce che dobbiamo ascoltare! Non basta ascoltare. In ebraico, in greco e anche in latino “ascoltare” vuol dire “obbedire”. Solo in italiano “ascoltare” significa solo ascoltare! Ma noi vogliamo essere uomini biblici, quindi siamo attenti alla Parola del Signore, tendiamo l’orecchio ad essa, ma non solo per lasciarci accarezzare dalla dolcezza delle sue parole. Soprattutto facciamo attenzione alle sue dritte, altrimenti come faremo a seguirlo?
Gesù precisa subito qual è il frutto, la conseguenza immediata di questo ascolto pronto all’obbedienza: «…e io le conosco». Quando tu parli ai tuoi figli e loro ti ascoltano, si crea subito sintonia e sinfonia. Una simbiosi, una somiglianza, la comunione. Quando Gesù sta davanti a una pecora attenta alla sua voce avviene un travaso di vita divina. Gesù entra nelle profondità della sua creatura che gli risponde con l’ascolto e l’adesione di fede. Seconda caratteristica della pecora che appartiene a Cristo: «…esse seguono me». Devo lasciare che Lui cammini innanzi a me (non precederlo, altrimenti poi Lui mi deve riacciuffare per riportarmi sulla retta via!). Devo stare molto attento, non dare per scontato di sapere da che parte Lui si dirigerà. Sono io che mi devo adeguare a Lui, non Lui a me. Devo tenere il passo. E questa è la cosa più difficile. Normalmente Lui predilige le vie in salita e le soste sono molto rare (o non ci sono proprio). C’è un trucco per stare al suo passo: non devo staccare gli occhi da Lui. Altrimenti comincio a vedere i precipizi, i sassi, le difficoltà della salita. Mi viene voglia di prendere certi sentierini attraenti che non so dove portano… I miei occhi devono essere fissi su di Lui che non è solo il mio Maestro e il mio Pastore, ma anche il mio Cammino (Gv 14,6). «Io do loro vita eterna»: la vita eterna, divina, è la pienezza della comunione con Gesù che tu cominci a vivere già da qui. È la meravigliosa Alleanza che Dio ci propone. Gesù si offre per essere il nostro Partner lungo tutto il percorso della nostra vita. Con Lui al fianco, dentro e attorno a noi, non c’è da aver paura di niente e di nessuno: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo?» (Rm 8,35-37). Inoltre, Gesù si impegna seriamente a difenderci dal Divoratore, il Lupo, che sempre tenta di strapparci dal suo gregge. E’ un compito che gli è stato affidato dal Padre: «Nessuno le strapperà dalla mia mano, (perché) il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno è capace di strapparle dal potere del Padre». Noi siamo il Tesoro custodito dal Padre e consegnato in piena fiducia al Figlio, dopo che questi ha dato prova sicura del suo amore dando la sua vita per gli uomini. «Io e il Padre siamo uno» e noi viviamo avvolti nel loro abbraccio.