«Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose…»
(Lc 10,38-42)
Interlocutrici di Gesù nel vangelo di oggi sono due donne, due sorelle, Marta e Maria. Gesù è accolto dalla padrona di casa, Marta, come un amico. L’amicizia che lega Gesù a queste sorelle ci è nota dal vangelo di Giovanni (Gv 11; 12). Gesù non aveva un rapporto conflittuale con tutti! Ma anche non era accolto da tutti allo stesso modo. Ricordiamo, ad esempio, l’invito a casa del fariseo Simone e l’atteggiamento freddo, sospettoso e quasi ostile di quest’ultimo (Lc 7,36-50). Anche lì una donna aveva rimediato alle sgarbatezze di un uomo nei confronti dell’illustre Ospite. Betania, invece era sempre accogliente, come dice il suo nome, che si può tradurre con “Casa della grazia, dell’amicizia”. L’amicizia è una delle forme più alte di amore. Abbatte tutte le barriere, eleva, riscalda il cuore. Per questo, forse, Maria non esita a infrangere anche i rigidi costumi del tempo e invece di dedicarsi agli ospiti (numerosi! erano almeno tredici uomini!) dandosi da fare alacremente, si siede ai piedi del Maestro, sitibonda di abbeverarsi alle parole di grazia che escono dalla sua bocca. Era proibito il discepolato per le donne (“sedersi ai piedi del maestro” significa essere suo discepolo). Esse dovevano dedicarsi alle faccende domestiche. In più era irrispettoso perché poteva indicare o indurre a una pericolosa intimità. Ricordiamo Rut, il cui gesto di sdraiarsi ai piedi di Booz venne interpretato, correttamente, come una richiesta di matrimonio (Rut 3). Inoltre, la sposa aveva l’abitudine di chiamare il suo sposo “Rabbi” (o “Rabbuni”, in aramaico), come titolo di rispetto, perché etimologicamente significa “Mio grande”. Sottolinea nel rapporto matrimoniale l’aspetto del servizio e della soggezione, anche se nell’ambito dell’amore. Eppure, Maria sta a lungo, calma, silenziosa, immobile, attenta «seduta ai piedi del Signore», come il popolo d’Israele accampato ai piedi del monte Sinai, pronto per «ricevere le sue parole» (Dt 33,3).
Marta è invece distratta dalle molte diakonie, dai molteplici servizi. Bisogna servire. È necessario servire il Signore e i fratelli. Ma il problema di Marta è essere «distolta» dai molti servizi. Mentre Maria si dimentica di servire, perché la presenza di Gesù la “distoglie” dalle preoccupazioni, Marta segue le preoccupazioni e gli affanni che la distraggono da Gesù e si dimentica che accoglienza significa anche ascolto, soprattutto nei confronti del Signore (Dio!). Allora ecco che il frutto è diverso, opposto. L’arrivo di Gesù produce in Maria una gioia piena, totale, alla quale essa si abbandona, quasi con voluttà. Essa rimane presa in un rapimento silenzioso, completamente dimentica di sé e di tutto il resto. Per Marta accogliere Gesù diventa fatica immane, agitazione, dispersione e quindi un senso di solitudine e un atteggiamento di vittimismo («Mia sorella mi ha lasciata sola»); la recriminazione e il rimprovero nei confronti di Gesù («Non t’importa nulla?»), forse l’invidia e, certo, la rivalità nei confronti della sorella. Non riesce a fermarsi per ascoltare. Anzi diventa scontrosa al punto da … comandare a Gesù quello che Lui deve fare, anzi, far fare a sua sorella! «Dille dunque che mi aiuti!». Certo, il cipiglio di Marta ci fa sorridere ed è segno della sua amicizia con il Maestro. Ma ci insegna pure che, se noi non siamo abituati ad ascoltarlo, invece di fare noi la sua volontà, vorremmo che Lui facesse la nostra.
Maria, dall’altra parte, non reagisce minimamente. È presa dal Signore, distolta da tutto il resto. Gesù la difende, come ha già fatto precedentemente con la peccatrice che stava ai suoi piedi, celebrando il suo pentimento, il perdono e la riconciliazione. Così farà anche quando Maria gli offrirà il profumo prezioso della sua gratitudine di fronte all’incomprensione degli altri discepoli (Gv 12,7). L’amicizia affettuosa che lega Gesù a Marta gli fa pronunciare il suo nome due volte: «Marta, Marta!» quasi a voler rinnovare la sua chiamata. Vuole risvegliarla dal torpore nel quale i suoi affanni l’hanno messa. Le fa notare che la parte migliore, il tesoro, la perla preziosa è stare davanti a Lui e pendere dalle sue labbra. È la disponibilità di un ascolto silenzioso e amante. Ospitare il Maestro significa anche e prima di tutto sedersi ai suoi piedi, lasciarsi accogliere e servire da Lui. Essere discepoli e discepole di Gesù non significa solo servirlo e correre nel servizio ai fratelli, ma anche fermarsi per ricevere le sue parole e lasciarsi modellare da esse.
Non c’è nessuna denigrazione del servizio. C’è solo la necessità di purificarlo e di metterlo nella giusta prospettiva. Anche Maria, la madre del Signore, prima ascoltò l’annuncio dell’angelo che la rese “serva del Signore” e poi corse ad aiutare la cugina Elisabetta, anziana e incinta. La gioia dell’ascolto e dell’accoglienza dello Sposo precede e genera la gioia del servizio.
